Chinguetti, la città vecchia
Parlando di Chinguetti non si può non dire che questa città è patrimonio mondiale dell'Unesco, è la capitale culturale della Mauritania e città santa dell'Islam, è stata un'importante crocevia ai tempi delle antiche rotte carovaniere che attraversavano il Sahara e che ora, dopo tanto prestigio, vanta la presenza di molte biblioteche che custodiscono migliaia di antichi manoscritti.
E' per questi motivi che capita, non troppo spesso però, che in città appaiano dei turisti che si intrattengono per un giorno o due: visitano le biblioteche, fanno un giro al mercato, effettuano un'escursione nel deserto, con i dromedari o con i 4x4, e poi ripartono per altre mete. Queste brevi escursioni sono certamente un bene per Chinguetti, che per quanto riguarda il turismo ha conosciuto tempi migliori, ma naturalmente non permettono di comprendere a pieno l'atmosfera di questo luogo.
Io mi trovo in questa cittadina da circa un mese e solo ora inizio a percepirne il fascino. In particolare quello che mi attrae è che qui è possibile vedere l'inizio e la fine della città, qui il concetto di “frontiera” è reale. Se esco da casa e cammino per poco più di 10 minuti verso sud la città finisce, e dopo non ci sono strade o terreni coltivati, no, ci sono le dune dell'Erg Ouarane. Nulla per centinaia di km.
Una camminata di 10 minuti che può diventare una passeggiata di ore se ci si perde nei vicoli della città vecchia che è divisa dalla nuova Chinguetti dalla "bata", un uadi di sabbia. Questa parte della città è un borgo semi abbandonato fatto di costruzioni in pietra, dove è molto difficile capire quali sono le case abitate da quelle ormai vuote da anni. Tutta Chinguetti è certamente una città poco rumorosa ma in questi vicoli neanche il vento si fa più sentire. A parte le rare volte in cui s'incontra qualcuno, vagando per questo antico borgo si ha la netta sensazione di essere completamente soli, neanche il rumore dei nostri passi ci fa compagnia dato che qui si cammina perennemente sulla sabbia.
Questa è la condizione ideale per la fotografia perché indubbiamente questo silenzio stimola lo sguardo. Nessuna distrazione: con la nostra macchina fotografica ci possiamo concentrare unicamente sulla composizione, i colori ed i particolari di questo paesaggio urbano. E qui di particolari ce ne sono molti. I muri: ci sono quelli fatti di pietre a vista e quelli ricoperti con sabbia impastata con acqua. Ce ne sono alcuni dipinti di bianco, sono rari e quindi spiccano in modo particolare con il loro splendore. Poi ci sono le porte: quelle in legno sono spesso dipinte di blu o di verde, consumate dal tempo e scolorite dal sole. Altre sono fatte in ferro, sono ricavate da bidoni di carburante, o di oli combustibili, pressati a colpi di martello o pietra. In questo modo si ottengono lastre resistenti utilizzate anche per coperture di tetti o per le recinzioni degli animali.
Chinguetti ogni giorno, da secoli, combatte contro il deserto che a quanto pare ha in parte vinto: il suo assedio ha avuto successo, la sabbia è avanzata e gli abitanti hanno dovuto riparare a nord della bata, lasciando la città vecchia in balia delle dune. La sabbia spinta da quel motore infinito che è il vento ha invaso i vicoli e in alcuni punti si è accumulata in quantità tale contro le pareti delle case da creare una rampa d'accesso ai tetti delle abitazioni. Dalla cima di questi cumuli il panorama è una distesa di tetti piatti dai quali spuntano tante antenne a parabola e sullo sfondo non distanti i cordoni dell'Erg Ouarane.
Come ho detto occorre poco tempo per arrivare alla fine della città, dallo stretto dei vicoli si passa al paesaggio vasto del Sahara in pochi metri. Qui non c'è periferia ma solo un muro che porta lo sguardo verso il deserto. E' come trovarsi difronte l'opera di Giovanni Fattori “In vedetta” ma i soldati a cavallo non ci sono. Non c'è nulla.
Reimmergersi tra i vicoli è un attimo, una città apparentemente fatta di mura e non di persone. Solo vicino l'antica moschea qualche passante rende vivo il panorama. La vecchia Chinguetti non è del tutto abbandonata e non si deve dimenticare che qui sono il sole e la sabbia a determinare il ritmo vitale della giornata. Le insegne in cartone o in legno delle boutique sono il segno che una vita c'è ma che essa si sviluppa in luoghi nascosti. L'entrata della “Cooperative du merveille chez Jamila” è alta poco più di un metro ma da essa si accede in una piccola corte riparata dal sole da una serie di tessuti colorati e legati insieme, basta così poco per rendere un luogo caratteristico. In esposizione oggetti in legno, collane, bracciali, vasi, e ancora tessuti. Una vasta produzione dell'artigianato locale che saremo gentilmente invitati a guardare e, naturalmente, a comprare.
Se la bata ci appare davanti vuole dire che siamo usciti dalla città vecchia e se il sole è tramontato significa che l'escursione fotografica è terminata, anche perché nella vecchia Chinguetti di notte si cammina facendo luce con lo schermo del cellulare.
Possiamo dirigerci verso la piazza del mercato nel centro della città nuova, qui qualche lampione illuminato o i fari accesi di una delle poche auto che girano in paese ci possono permettere di fare qualche scatto senza cavalletto, così, giusto per renderci conto che il ritmo lento di questa città, arrivata la sera, rallenta ulteriormente facendo percepire ancor di più il Sahara intorno a noi. Rallenta ma non s'interrompe del tutto. Il generatore di corrente che alimenta tutta la città continua a bruciare nafta perché in questo luogo così remoto non si va a dormire presto. Qui, come in tutto il Nord Africa, alla fine della giornata lavorativa non si chiude bottega e si va a casa, anche perché spesso la bottega fa anche da casa. E così le boutique restano aperte e all'interno la famiglia o un gruppo di amici passa il tempo bevendo tè. La conseguenza paradossale è che a Chinguetti, contrariamente che a Milano, è possibile fare la spesa anche dopo cena.
Per chi vive nel proprio posto di lavoro non ci sono disagi particolari rispetto a chi ha anche una casa. Le abitazioni sono vuote, oltre ai materassi in gomma piuma e a qualche cuscino poggiato a terra su una stuoia di plastica, l'arredamento si limita ad un vecchio televisore a tubo catodico, ad un paio di bombole a gas con il nécessaire per il tè e a qualche tegame per cucinare.
Si può pensare che restando un mese in un luogo così lontano, con un sistema di vita così semplice, si possa ben presto soffrire di una noia tremenda, ma non è così. Come ho detto Chinguetti ha un battito lento che però non s'interrompe mai, perché qui pare che non sia contemplato stare soli.
Forse dipende dalla TV che non trasmette programmi interessanti, o perché non hanno un computer, uno smart phone o una console di video giochi pro capite, forse perché le abitazioni hanno solo un paio di stanze e sono senza porte o forse perché sono tutti maleducati e quindi è normale andare a casa degli altri senza invito e preavviso. Non lo so perché, ma qui a Chinguetti, come in tutta l'Africa, si sta sempre insieme e ci si parla e ci si saluta continuamente. A noi “forestieri” basta solo fare lo sforzo, perché abbiamo perso l'abitudine, di accettare questa continua interazione umana. Una volta fatto questo state sicuri che non ci si annoierà mai.